«PERCHÉ NON NE HO TENUTO UNA COPIA?»
M.BULGAKOV, Il Maestro e Margherita
1.
Maestro: Sì, mi colpì profondamente, oh, come mi colpì!
Ivan: Chi?
2.
Maestro: Il direttore della rivista, le sto dicendo, il direttore! Sì, lo lesse. Spiegazzava senza una ragione il manoscritto e tossicchiava. Le domande che mi faceva mi sembrarono pazzesche. Alla fine mi stufò, e gli chiesi a bruciapelo se intendeva o no pubblicare il libro. Mi pregò di tornare dopo due settimane. Lo feci, e fui accolto da una ragazza che aveva gli occhi strabici a furia di mentire.
3.
Ivan: È la Lapšennikova, segretaria di redazione.
Maestro: Mi comunicò che la redazione aveva i programmi al completo per i due anni successivi, per cui il problema della pubblicazione del mio romanzo, come si espresse lei, “veniva meno”.
4.
Maestro: Noti che gli articoli non cessavano. Dei primi ridevo. Ma più ne apparivano, più il mio atteggiamento verso di essi cambiava. Il secondo stadio fu quello dello stupore. Mi sembrava sempre – non riuscivo a togliermi questo pensiero – che gli autori di quegli articoli dicessero cose diverse da quelle che avrebbero voluto dire, e che proprio questo suscitasse la loro furia. Poi, capisce, giunse il terzo stadio, quello della paura. Così, ad esempio, cominciai a temere l’oscurità. Insomma, era cominciata la fase dell’alienazione.
5.
Maestro: Era metà ottobre. Nella stufa rombava il fuoco, le finestre erano flagellate dalla pioggia. Allora avvenne l’ultimo atto. Tolsi dal cassetto del tavolo le pesanti copie del romanzo e i quaderni di appunti, e cominciai a bruciarli. Era difficilissimo, perché la carta scritta non brucia volentieri.
6.
Maestro: Spezzandomi le unghie laceravo i quaderni. In quel momento grattarono alla finestra.
7.
Maestro: Tu… tu?…
La mia voce si spezzò, e corremmo dabbasso.
8.
Con un grido lieve, trasse dalla stufa e buttò sul pavimento, con le mani nude, l’ultimo residuo, una pila di fogli che cominciava a bruciare dal basso.Il fumo riempì subito la stanza.
Maestro: Ho preso in odio questo romanzo, e ho paura. Sono malato. Ho terrore.
Margherita: Dio, come sei malato. Perché, perché? Ma ti salverò, ti salverò. Che cos’è tutto questo? Ti guarirò, ti guarirò. Lo scriverai di nuovo. Perché, perché non ne ho tenuto una copia?
9.
Margherita: Ecco come si pagano le menzogne, non voglio più mentire. Rimarrei con te anche subito, ma non vorrei farlo in questo modo. Non voglio che gli resti per sempre il ricordo che sono scappata da casa di notte. Non mi ha mai fatto un torto… Avrò una spiegazione con lui domattina, dirò che amo un altro e tornerò da te per sempre. Rispondimi, forse non vuoi?
Maestro: Povera cara, cara. Non ti permetterò di farlo. Con me starai male, e non voglio che tu perisca con me.
10.
Margherita: È questo l’unico motivo?
Maestro: L’unico.
11.
Margherita: Perisco con te. Domattina sarò da te.
12.
Maestro: Ecco, l’ultima cosa della mia vita che io ricordi, è una striscia di luce dalla mia anticamera, e, in questa striscia, una ciocca di capelli disfatta, il suo berretto e gli occhi pieni di risolutezza. Ricordo anche la sagoma nera sulla soglia della porta esterna e il pacchetto bianco.