«A SECONDA DEI GUSTI DIVERSI»
M. DE CERVANTES, Don Chisciotte
1.
Sansone Carrasco: Mi dia la grandezza vostra a baciare le mani, signor don Chisciotte della Mancia, giuro che vossignoria è uno dei più famosi cavalieri erranti che sieno stati o possano mai trovarsi in tutta la rotondità della terra.
2.
Don Chisciotte: È egli vero dunque che corre per lo mondo la mia istoria, e che la compose un Moro incantatore?
Sansone Carrasco: Tanto è vero, signor mio, che porto opinione che al dì d’oggi siano già stampati più di dodicimila esemplari di questo libro.
3.
Don Chisciotte: Una delle cose che debbono recare più consolazione ad uomo virtuoso ed eminente, quella si è di vedersi vivente stampato in diversi idiomi, ed arricchito e di celebrità e di buon nome nelle lingue degli uomini: dissi di buon nome, perché in caso diverso, nessun genere di morte sarebbe peggiore del suo tormento.
Sansone Carrasco: Se si tratta di alto nome e celebrità, vossignoria toglie la palma a tutti i cavalieri erranti; per lo strepitoso suo coraggio nell’affrontare i pericoli, la sofferenza nelle traversie, la tolleranza sì nelle contrarie vicende come nelle percosse ricevute, e l’onestà e la continenza negli amori platonici di vossignoria colla signora donna Dulcinea del Toboso.
4.
Sancio: Giammai ho inteso chiamare col Donna la mia signora Dulcinea del Toboso, ma Signora semplicemente, ed in questo comincia a sbagliar la istoria.
Sansone Carrasco: Questa non è obbiezione di alcuna importanza.
5.
Don Chisciotte: No per certo; ma dicami la signoria vostra, signor baccelliere: quali sono le mie prodezze di cui si è creduto di far maggior conto in cotesta opera?
Sansone Carrasco: Variano in ciò le opinioni, a seconda dei gusti diversi.
6.
Sancio: Favorisca dirmi: si parla mai della ventura dei mulattieri ianguesi, quando il nostro buon Ronzinante s’invogliò di procacciarsi anch’egli avventure?
Sansone Carrasco: Nulla ha ommesso quel savio: racconta ogni cosa con fedeltà, con esattezza, né tacque neppure le capriole che fece il buon Sancio sulla coperta.
7.
Sancio: Io non ho fatto capriole sulla coperta, ma per aria, e furono più del bisogno.
Don Chisciotte: A quanto mi figuro non vi è storia al mondo che non abbia il suo pro e contra, quelle massimamente che trattano di cavalleria, le quali non possono essere sempre piene di fortunati avvenimenti.
8.
Sansone Carrasco: Con tutto ciò, dicono alcuni che hanno letta la istoria, che avrebbero desiderato di vedere dall’autore poste in dimenticanza le bastonate infinite date in diversi incontri al signor don Chisciotte.
Sancio: Queste sono verità, e non potevano essere trascurate da chi racconta.
9.
Don Chisciotte: Poteano per altro tacerle per giustizia, perché le azioni dalle quali non viene cangiata od alterata la storia, possono passarsi sotto silenzio quando tendano a mettere in discredito il protagonista: e per mia fede che non fu Enea sì pietoso come cel dipinge Virgilio, né sì prudente Ulisse come ci viene descritto da Omero.
10.
Sansone Carrasco: Dice benissimo vossignoria; ma altro si è lo scrivere poeticamente, altro il farlo storicamente: è lecito al poeta raccontare o cantare le cose non già quali furono, ma quali avrebbero dovuto essere; mentre lo storico invece ha da scriverle non già come avrebbero dovuto essere, ma quali realmente furono senz’alterare un punto solo la verità o con mutazioni o con aggiunte.
Sancio: Se è obbligo che questo signor autore Moro racconti il vero, egli è indubitato che dee fra le bastonate del mio padrone far menzione anche di quelle da me ricevute.
11.
Sancio: Guardi ognuno come parla e come scrive delle persone, e non dia di piglio alla penna per raccontare fantasticamente e a suo capriccio i fatti altrui.
Sansone Carrasco: Una delle accuse apposte a quella istoria si è che il suo autore vi ha inserita una novella intitolata Il curioso indiscreto, non perché sia dispregevole e priva di buon senso, ma perché mal si conviene in quel luogo.
12.
Sancio: Io rinnegherei me stesso, quando vedo a questo modo immischiati i cavoli con le sporte.
Don Chisciotte: Oh adesso sì ch’io sostengo che non sia stato un savio l’autore della mia istoria, ma sì bene qualcuno di questi ignoranti cicaloni che senza verun proposito si accingono a scrivere, esca quello che vuol uscire: e si può rassomigliarlo ad Orbaneja, il pittore di Ubeda, che interrogato di quello che dipingesse, rispose: quello che verrà fuori; ed una volta dipinse un gallo sì
sconciamente, che bisognò scrivervi sotto con caratteri gotici: questo è un gallo. Così per appunto accadrà della storia mia cui sarà necessario appiccare un buon commento perché sia intesa.